Tanto si e’ scritto e detto della cultura velica e natatoria veneziana,
che questo nostro articolo non sarà altro che un celebrarla.
Abbiamo scoperto per caso la tradizione della Vela al Terzo, ne siamo rimasti affascinati tanto da costruire un bellissimo workshop fotografico a Venezia. La vela è detta “al terzo” perché l’antenna superiore che la sostiene è fissata all’albero a circa un terzo della sua lunghezza. La vela latina era largamente diffusa fino al Settecento nell’Adriatico presso la marineria minore ed aveva una forma triangolare. Successivamente, con un passaggio lento e graduale, si arrivò alla forma trapezoidale tipica della vela al terzo. Le più antiche testimonianze sono presenti nel bassorilievo della facciata della chiesa di S. Maria del Giglio a Venezia (1680).
La nostra esperienza ci ha suggerito di entrare in contatto con una delle associazioni che raggruppano i proprietari di queste imbarcazioni nella Laguna Veneziana, trovando in AVT il contatto giusto per costruire un percorso fotografico narrativo davvero speciale, che attraversa quasi tutte le fasi di costruzione dei vari componenti di una tipica imbarcazione veneziana che utilizza questo sistema di vela.
Seguendo questo percorso per realizzare il workshop fotografico a Venezia sulla Vela al Terzo, abbiamo conosciuto persone speciali che ancora oggi mantengono viva e florida una tradizione millenaria.
Paolo Rusca, Mattia De Marchi, Franco Furlanetto, Camilla Morelli senza dimenticare Davide Pesavento che con la sua gentilezza e disponibilità ci ha introdotto nei luoghi e nelle acque dove abbiamo potuto sperimentare una passione autentica ed immortale, che non poteva non essere celebrata con un workshop fotografico a Venezia sulla Vela al Terzo.
Ma quali sono le barche che utilizzano ancora oggi questa meravigliosa struttura velica?
Vediamo insieme i loro nomi e la loro storia:
Il Topo Venessiàn:
Il Topo Venessian, è come la rockstar delle imbarcazioni Veneziane.
Nato per il diporto velico nella seconda metà del ‘900, si è fatto strada per due motivi: è stretto, leggero e vola sull’acqua come un razzo con due vele al terzo, e poi è stato modificato nel tempo per diventare il re del trasporto motorizzato di materiali.
Oltre al Venessian, ci sono anche cugini come la “Portolata” e i chioggiotti “Bateli a Pizzo”, che facevano il taxi col pescato dei Bragozzi al mercato. Poi c’è il “Musso” per la pesca lagunare, e il “Topo da Mestiereto”, un po’ più tosto e grande per le acque più profonde.
Misure che vanno dai 6 ai 6,60 metri, con un’asta slanciata e un retro che ha una specie di curva chic, come un surfista sulla cresta dell’onda. La copertura davanti è ampia, perfetta per riporre le reti o far fare un riposino al pescatore sotto la pioggia. I fianchi sono un po’ gonfi ma armonici e filanti.
In giro lo guidano spesso a remi alla valesana. Insomma, il Topo Venessian è la star delle acque venete, un mix di classe e funzionalità!
Sanpierota:
La sanpierota è l’imbarcazione più comune e diffusa in città e nella laguna Veneziana.
Nata per la pesca lagunare nell’ultimo pezzo del secolo passato, si è fatta strada per due motivi: è tosta, sicura e con tanto spazio, e poi è facile da gestire, perfetta per un giretto in barca in famiglia.
Il nome? Viene da San Pietro in Volta, una piccola zona su Pellestrina. La chiamano anche “sandolo” a San Pietro, proprio per semplificare. Può portare una o due vele al terzo, a seconda di come la si vuole vestire a festa.
Misura dai 6 ai 6,60 metri di lunghezza, con un’asta elegante che finisce, nei modelli vecchia scuola, con un tocco curvato tipo banana. Il retro è quasi dritto e piuttosto stretto; davanti c’è una copertura ampia con tanto spazio per le reti e per riparare qualche disgraziato dalla pioggia. I fianchi sono un po’ svasati ma senza troppe curve.
La sanpierota va a remi alla valesana, una bellezza unica!
Sandolo:
Col termine “sandolo” si parla più di una categoria generale che di un modello preciso. È tipo una grande famiglia di barche, ognuna con le sue caratteristiche a seconda dello scopo per cui è stata costruita.
Non è chiaro da dove spunti il nome, ma ci possiamo scommettere che ha a che fare con il latino “sandalium”, tipo di scarpa piatta come il fondo di ‘sta barca antica che gira dal 1292, secondo i documenti dell’epoca.
Tra le varietà più famose c’è il “Sandolo S-ciopon (o da S-ciopon)” per cacciare nelle barene lagunari, il “Sandolo da fagia” per pescare di notte con la lampara, il “Sandolo Buranello” per la pesca in generale, la Mascareta, il Puparin, e il nero “Sandolo da Barcariol” per portare in giro la gente (tipo turisti).
Quasi sempre ci piazzavano pure una piccola vela al terzo sui sandoli, e grazie alla loro versatilità, rispondevano a tutti i bisogni della laguna veneziana. Fino a qualche decennio fa, erano praticamente i re della laguna.
Caorlina:
La caorlina, una barca che sa di storia antica e si pavoneggia nella sua elegante semplicità. Le sue radici affondano già nel XVI secolo. Lunga dai nove metri e mezzo ai dieci metri, questa regina delle acque si fa notare per la prua e la poppa gemelle. Un vero capolavoro di design.
Era praticamente la preferita delle barche da lavoro, con uno o addirittura sei rematori a spingere. Ogni tanto la facevano anche sentire importante con timone e una vela al terzo.
Agile e con un talento innato per il carico (da 30 a 60 quintali), la caorlina aveva tanti ruoli: pesca lagunare (tipo “Caorlina da Seragia” o “Barca da Cogoleti”), trasporto di frutta e verdura dalle isole ai mercati cittadini (chiamala “Caorlina da frutarioli”), e persino trasporto di inerti e detriti (la “Caorlina da Mureri”).
Il nome? Sembrerebbe banale, ma pensa che potrebbe derivare da Caorle. Un po’ come chiamare un’autobianchi “Bianchini” perché viene da Bianchi, ma vabbe’.
Queste sono solo alcune! Speriamo di aver solleticato la vostra curiosità verso il Workshop Fotografico a Venezia ma soprattutto verso questa incredibile arte del saper far barche come non le fanno davvero più da nessuna parte nel mondo!