Dove nascono i vestiti che parlano di futuro
Nel cuore di Prato, città che da secoli intreccia la propria identità con l’industria tessile, si nasconde una filiera silenziosa e virtuosa. Un ecosistema produttivo dove ogni scarto trova nuova vita, e ogni gesto, per quanto antico, diventa oggi più che mai rivoluzionario.
Raccontare tutto questo attraverso la fotografia significa osservare con attenzione, camminare lentamente dentro luoghi normalmente inaccessibili e dare voce ai dettagli che rendono possibile un’idea di moda davvero sostenibile.
Con il nostro reportage fotografico nel distretto produttivo scelto da Rifò, accompagniamo gli occhi e gli obiettivi della nostra macchina fotografica attraverso un’intera filiera: dal primo tocco delle mani esperte del cenciaiolo alla creazione di un capo pronto a vivere una nuova vita.
Cenciaioli Gori: dove tutto inizia, con le mani e la memoria
La prima tappa prevede la scoperta di uno dei mestieri più antichi e simbolici del distretto: quello del cenciaiolo. In questo stabilimento ogni giorno si selezionano tonnellate di tessuti di scarto, divisi per composizione, tipologia e colore. Il cenciaiolo non ha bisogno di leggere le etichette: riconosce la lana solo dal rumore che fa tra le dita, sente la qualità di un cotone al primo tocco.
È un lavoro di grande esperienza e attenzione, che richiede tempo, conoscenza dei materiali e una sensibilità allenata negli anni. Qui, la fotografia diventa strumento di osservazione e memoria: ogni gesto racconta un sapere tramandato, ogni montagna di tessuti parla del valore del recupero.
Valfilo: il passaggio invisibile che trasforma il rifiuto in risorsa
Dagli scarti selezionati si ottengono fibre rigenerate, che vengono inviate a Valfilo, uno degli impianti specializzati nella filatura. Il processo avviene attraverso la cardatura, una tecnica antica oggi perfezionata da macchinari di precisione, che separano e riorganizzano la fibra in “stoppino”, una nuova materia prima pronta per essere lavorata.
In questo passaggio la trasformazione è profonda ma silenziosa. Gli obiettivi fotografici si muovono tra grandi rocche, rulli, materiali in movimento e operatori esperti. Qui si osserva la bellezza nascosta della produzione industriale che ha conservato un’anima artigianale.
Maglificio Elly: il filo prende forma, punto dopo punto
Il Maglificio Elly rappresenta una delle fasi più creative ma anche più complesse della filiera: qui i filati rigenerati diventano tessuto e i tessuti si trasformano in capi d’abbigliamento.
Uno dei momenti più significativi da raccontare è il lavoro della rimagliatrice. Un mestiere minuzioso e delicato, oggi sempre più raro, che consiste nel riprendere ogni punto della maglia a mano, con estrema precisione, per dare al capo la sua forma definitiva. Non esistono ancora macchinari in grado di sostituire questo lavoro: è una professione che vive ancora nelle mani di poche persone e che la fotografia può contribuire a valorizzare e preservare.
Rifò: dove la sostenibilità diventa scelta, visione e impresa
Il nostro percorso termina dove tutto nasce: Rifò.
Fondata nel 2017 da Niccolò Cipriani, Rifò è molto più di un brand. È la risposta concreta a un problema globale: quello della sovrapproduzione nel settore della moda, dove milioni di capi invenduti finiscono inceneriti ogni anno.
Nato a Prato, Niccolò cresce in una città dove la cultura del riuso è parte dell’identità collettiva. Da qui l’intuizione: recuperare l’antico sapere del riciclo tessile e trasformarlo in un modello di business sostenibile. Dalla prima campagna di crowdfunding, Rifò è cresciuta fino a diventare una B Corp, coinvolgendo oggi un team di circa 25 persone.
Abbiamo scelto di raccontare questa realtà perché Rifò rappresenta un ponte tra tradizione e innovazione, tra etica ed estetica. La fotografia qui assume un valore simbolico: è lo strumento attraverso cui rendere visibile il senso profondo del cambiamento, documentando non solo cosa si produce, ma perché e come.
Un reportage per guardare il mondo in modo diverso
Partecipare a questo viaggio fotografico non significa solo visitare degli stabilimenti. Significa entrare in contatto con storie, mani, ritmi e materiali che parlano di un futuro possibile, dove la bellezza non nasce da ciò che è nuovo, ma da ciò che è rigenerato con consapevolezza.
È un’occasione per imparare a raccontare la complessità con uno sguardo sensibile, per allenare lo sguardo fotografico ad andare oltre la superficie e cogliere l’intelligenza del processo.
Ogni immagine sarà un tassello di un racconto più ampio: quello della moda che vuole durare, perché costruita su valori e su persone che sanno ancora cosa vuol dire fare le cose per bene.
